01/08/2017

Rilettura di "Psicologia delle masse" a proposito dei fatti di Torino


di Silvia Novarese

Il 3 giugno, come sappiamo dalla cronaca, nella grande piazza S. Carlo a Torino una enorme  folla che assisteva alla proiezione in diretta della Champion's League su maxischermo è stata improvvisamente colta da un terribile attacco di panico collettivo scatenato non si sa bene da cosa, e nella fuga caotica son state travolte  migliaia di persone con conseguenti feriti,  e una donna è morta schiacciata.
 
Il panico è sicuramente da collegarsi agli attacchi, avvenuti poco tempo prima, dell'Isis a Londra e in altre città europee, attacchi che hanno creato un'atmosfera di minaccia incombente, questo è il contesto dei nostri tempi.
 
 Per spiegare ciò che è avvenuto dal nostro punto di vista, ci serve ottimamente lo scritto di Freud del 1921 Psicologia delle folle e analisi dell'Io.
 
Freud   esamina i fenomeni delle masse, appoggiandosi allo scritto dello storico Le Bon, e sin dall'inizio dice che non c'è contrapposizione tra la psicologia della massa e quella dell'individuo, inoltre afferma che ci sono aggregati stabili (ad es. la Chiesa, l'esercito) e masse transitorie; noi parliamo di queste, le masse  aggregate da avvenimenti come manifestazioni sportive, artistiche.
 
In questi contesti il singolo perde la sensazione della propria vulnerabilità, la sua ragionevolezza si attenua, c'è la tendenza all'azione immediata, incontrollabile, c'è il contagio psichico, cioè l'imitazione di ciò che fanno gli altri, aumenta la irresponsabilità, il senso di onnipotenza infantile, questo da interpretarsi nel doppio senso, la folla è capace di atti di abnegazione eroica come di ferocia incontrollata.
 
Fin qui riconosciamo ciò che è avvenuto in quella tragica sera, in cui in seguito a qualcosa (una voce diffusasi, un rumore) le persone si son date a una fuga irriflessa senza una meta. Quello che era la sensazione di essere tutti uno, uniti nella visione della partita trasmessa da un maxischermo, in adorazione dei propri idoli calcistici, si è improvvisamente rovesciata nel suo opposto, ognuno si è sentito drammaticamente solo e ha pensato alla sua salvezza singola e gli altri non contavano più nulla, erano ostacoli da calpestare.
 
 Freud dice che   nelle grandi aggregazioni l'individuo sceglie un capo, un'idea come oggetto da amare incondizionatamente. Lo mette cioè al posto dell'Ideale dell'Io e si identifica con gli altri: in questo caso “siamo tutti uguali, tutti amiamo il calcio e la nostra squadra” se l'Ideale viene meno, si dimostra carente, la realtà si può rovesciare improvvisamente in “ognuno pensi a sé, si salvi chi può” . Questo fatto è stato ben notato in altri momenti storici, ad esempio nelle grandi disfatte militari, in cui il capo da tutti amato e obbedito fino al sacrificio individuale, di colpo perde il suo carisma, la sua invincibilità e ci sono le fughe disordinate e le carneficine terribili, tutti contro tutti.
 
In P S Carlo c'è da osservare che mancava un umano riconosciuto come “capo” colui che in questi casi di panico potrebbe -uso il condizionale- dare degli ordini, delle direttive per incanalare la folla e limitare il panico indicando vie d'uscita, spiegando ciò che sta accadendo, che assuma su di sé l'angoscia e la responsabilità, cioè non mettendosi al posto dell'Ideale, ma di un altro soccorritore.
 
Ad esempio nelle compagnie aeree il personale viene istruito a controllare le vie di fuga, a frazionare in piccoli gruppi i passeggeri in casi di attacco proprio per ridurre il panico a qualcosa di meno ingestibile.
 
Concludo notando come ci si affanni in questi giorni a trovare un “colpevole” a livello istituzionale di questo preoccupante episodio, sarebbe utile partire dalla constatazione che simili fatti si ripeteranno, non si può certo prevedere né dove né quando, ma tenendo presente le dinamiche osservate si potrebbe attenuare le conseguenze e ridurre, non annullare, i danni di  simili accaduti.  In altre parole tenendo presente la castrazione di noi umani.
 
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